
Questo è quanto stabilito dalla CTP di Bari con la sentenza n.1849/04/15 che ha accolto il ricorso del contribuente/socio accomandante di una società che, vistosi notificare l'accertamento in parola, ha proposto opposizione sostenendo la propria carenza di legittimazione passiva in relazione alle imposte accertate.
Il Collegio, a riguardo, ha prontamente affermato che il socio accomandante risponde dei debiti verso terzi, ergo anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, solo per le quote di capitale sociale sottoscritte, in quanto non sussiste nessuna solidarietà con il socio accomandatario che rimane l'unico soggetto illimitatamente responsabile per i debiti della società.
Ciò premesso, il Collegio ha precisato che non sussiste nessuna norma in materia tributaria che prevede la responsabilità del socio accomandante nel pagamento delle imposte dovute dalla società, in quanto l'unica imposta per la quale risponde il socio accomandante è la quota IRPFE attribuita al socio.
BREVI CONSIDERAZIONI:
L’art.2313 del c.c. prevede che “Nella
società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e
illimitatamente per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti rispondono
limitatamente alla quota conferita”.
Gli artt. 17
del DPR 633/72 e art. 3 del D.LGS. 446/97, invece, non contemplano alcuna
solidarietà in capo ai soci accomandanti, essendo questi estranei al rapporto
giuridico d’imposta.
Difatti, gli unici soggetti coobligati al versamento delle imposte sono la
società ed il socio accomandatario il quale risponde ai terzi anche con il
proprio patrimonio personale.
I creditori della società, infatti, possono far valere i loro diritti sia
sul patrimonio sociale sia sul patrimonio dei soci accomandatari, che
rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali.
Pertanto,
mentre il socio accomandatario risponde illimitatamente per le obbligazioni
sociali, i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita.
Tale
principio, trova applicazione anche con riferimento alle obbligazione sociali
di carattere tributario, non sussistendo, a riguardo, alcuna disposizione
derogativa in tal senso.
L'unica
eccezione riscontrabile, in tal senso, riguarda l’imposta sul reddito,
atteso che l'art. 5 del D.P.R. n. 917/1986 recita testualmente "I redditi delle società semplici, in nome
collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono
imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente
alla sua quota di partecipazione agli utili".
Trattasi,
invero, di una specifica tipologia di reddito, ovvero il reddito di
partecipazione del socio alla società di appartenenza, da assoggettare a tassazione
personale ai fini IRPEF e relative addizionali se e in quanto dovute.
Nulla, pertanto, viene stabilito con riferimento all’IVA
e all’IRAP.
Sul punto,
poi, di recente, si è espressa anche la Comm. Trib. Regionale della
Puglia, SEZ. VI, che, con la
sentenza n.127/06/2013 ha cristallizzato il seguente principio: “La distinzione fra soci accomandatari e soci accomandanti è fin troppo
chiara in materia di responsabilità per le obbligazioni sociali, di tal che,
atteso che nessuna disposizione tributaria porta modifica di tale principio generale,
è pacifico che il principio codicistico trovi applicazione anche relativamente
a quelle obbligazioni sociali che abbiano contenuto tributario. (…) A diverso
ragionamento porta, invece, la diversa condizione di socio accomandatario e
accomandante nei riguardi delle maggiori imposte accertate che siano connesse
esclusivamente all'attività della società. Nel caso di specie IRAP e IVA. E' di
tutta evidenza, con riferimento a tali tributi, che l'obbligazione tributaria
sorta in capo alla società per effetto dell'accertamento di un maggior reddito,
in quanto obbligazione sociale, pur dovendo gravare sui soci nella proporzione
prevista dalle rispettive quote di partecipazione, non potrà mai incidere sul
patrimonio personale del socio accomandante in misura superiore alla quota di
capitale conferita, con la conseguenza che l'eccedenza del carico tributario e
sanzionatorio non imputabile al socio accomandante graverà sul socio
accomandatario”.
Inoltre, in
conseguenza del principio stabilito dall’art.2313 c.c., il socio accomandante
non può essere destinatario della pretesa fiscale, non essendo il medesimo
soggetto passivo IVA (ed IRAP). L’accomandante,
infatti, come precisato da una recente pronuncia dei giudici di legittimità è
privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni
tributarie riferibili alla società in accomandita semplice, fra le quali
rientra quella concernente l’IVA che, alla stregua delle considerazioni sopra
esposte, non può avere riflessi sul socio accomandante. (Corte di Cassazione Sez. Tributaria, n.1671 del 24.01.2013).
Da quanto
innanzi evidenziato, si può sostenere con certezza che il socio accomandante è carente
di legittimazione passiva con riguardo alla pretesa impositiva avanzata
dall’Ufficio, in quanto la limitazione di responsabilità prevista dall’art.
2313 c.c., per la sua qualità di socio accomandante, deve
escludere ogni coinvolgimento dello stesso nel processo di accertamento del
reddito della società, senza renderlo destinatario in prima persona della
notifica di tale atto. (sul punto cfr. C.T.P. Milano, sentenza n.14/03/10)
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